CHIESA DI SANTA MARIA ASSUNTA

Chiesa

L ’albero di ciliegio carico di frutti emerso in modo nitido dai recenti lavori di restauro sulla parete esterna dell’edificio sembra suggerire il legame profondo tra la chiesa dell’Assunta e l’abitato di Cireggio ( il cui nome viene fatto risalire al latino “Ciretium”), posto su di un altopiano alluvionale che domina sul bacino settentrionale del lago d’Orta.

Una chiesa barocca legata al territorio

L a chiesa, sorta su di un antico oratorio risalente al XVI secolo (l’architrave del portale d’ingresso porta la data del 1523), è una costruzione barocca ad una sola navata ultimata nel 1687, come indica la segnalazione su di una finestra frontale esterna. I graffiti che ornano metà della facciata e la volta del portico furono eseguiti nel 1910 su disegno di Giuseppe Beltrami, fratello del senatore e architetto Luca. Il campanile è una costruzione in pietra viva alta circa m. 72, caratterizzata da due ordini di trifore, con scala interna a intercapedine e una punta ottagonale.
L’interno della chiesa esprime una religiosità al tempo stesso austera e familiare, semplice e sfarzosa, con la fastosità barocca degli stucchi, le balaustre in marmo “macchia vecchia” (rosso e nero) che delimitano gli spazi, i dipinti, gli affreschi , le statue che emergono dal silenzio con tutta la loro portata simbolica per spiegare all’uomo l’infinito mistero di Dio. Ovunque sembra di cogliere legami nascosti tra gli oggetti di una realtà complessa e multiforme, che muta continuamente a seconda del punto di osservazione.

Il grande affresco dell’Assunta

I l presbiterio, di forma rettangolare è separato dalla navata centrale della chiesa da una balaustra in marmo e presenta un pavimento a mosaico. In alto si osserva un gruppo di angeli in stucco che sorreggono l’invito alla Madonna: “Veni, coronaberis” (Vieni, sarai incoronata), opera dell’artista Nolino, autore di altri stucchi che ornano la chiesa. I dipinti del coro offrono al visitatore un prodigioso quadro d’insieme: dall’affresco dell’Assunta nel mezzo della volta della navata, alle otto piccole raffigurazioni dell’arco, alle altre immagini che ornano la volta e le pareti. Ma è la tela sullo sfondo a polarizzare l’attenzione dell’osservatore: dietro all’altare l’immagine dell’Assunta che si libra sopra il sepolcro vuoto emerge in tutta la sua solennità in quest’opera di cui si ignora l’autore e che risale al 1673. L’altare, sobrio e ricco di marmi, presenta un baldacchino con le sei colonne cilindriche e due parallelepipedi. Il pulpito, opera di Mastro Giuseppe di Campertogno, autore anche degli stalli del coro, dei confessionali, e delle porte dell’entrata maggiore risale al 1687 e venne ultimato da Francesco Antonio De Albertis di Boccioleto, che vi aggiunse, a guisa di cariatide, la bellissima aquila a tre ordini di ali.
Ai lati della navata si aprono, a destra, la cappella dell’Addolorata con la statua della Vergine e la cappella dell’Immacolata; a sinistra, il battistero, la cappella di S. Grato (successivamente dedicata al Sacro Cuore di Gesù), con il sepolcro della famiglia Zanella devota al santo e la cappella del Santo Rosario.

L a cappella dell’Immacolata, di forma pentagonale, anticamente dedicata all’Arcangelo Michele, presenta un altare con il pallio in tre corpi di finto marmo intarsiato. Nei dipinti, negli stucchi, sulle colonne e nel medaglione sopra l’arco ricorre il motivo della vite, che rimanda alla famiglia Vigna. Sui lati della cappella possiamo osservare la statua dell’Assunta, in legno, scolpita nel 1896, gli affreschi di S. Michele Arcangelo e di S. Carlo nelle due più ampie specchiature, inquadrate tra ricche cornici in stucco, che affiancano il quadro dell’Immacolata, la statua in legno di S. Giuseppe. Nelle due lunette compaiono i profeti Davide e Isaia e negli spicchi della volta i Dottori della Chiesa con, al centro, il Padre Eterno. L’arco d’ingresso è ornato con otto raffigurazioni tratte da versetti biblici scritti su filatteri. L’ottagono centrale presenta dei puttini svolazzanti. Ma il fulcro della cappella è rappresentato dalla tela centrale della “Vergine Immacolata”, opera di Cristoforo Martinolio, detto “ il Rocca”, dal suo paese d’ origine, Roccapietra, presso Varallo, nato intorno al 1590, allievo del Morazzone, noto nel Cusio per l’attività svolta a Gozzano, a Orta, a Bagnella di Omegna. È sua la firma che compare nella parte inferiore del dipinto: “Cristophorus –Rochae- pinxit- anno D.ni 1621”. A lui probabilmente si devono anche gli affreschi che ornano la Cappella del Rosario e quella dell’Immacolata. Ispirandosi alla tela dell’Immacolata nella parrocchia d’Oleggio, il Rocca ne riproduce la drammaticità, rielaborandone con libertà la parte inferiore: pone in secondo piano il terribile drago e gli antepone le figure di S. Nicola da Tolentino e S. Caterina d’Alessandria, quasi tramiti tra i fedeli e la Vergine, schermo e difesa contro gli assalti diabolici . L’Immacolata di Cireggio si discosta dalle tradizionali raffigurazioni della Madonna, dove il bianco e l’azzurro esprimevano una spiritualità immateriale, proponendone invece un’immagine di carnale bellezza, sottolineata dal colore rosso dell’abito. È un tripudio di luci che ci parlano di Maria, della sua vitalità che si manifesta in quello svolazzare di vesti e di veli, emblema della forza e della potenza divina ma anche della bellezza del mondo.

D i fronte, sul lato opposto della navata, si apre la cappella del Rosario, anch’essa di forma pentagonale, simmetrica a quella dell’Immacolata, ornata da pregevoli affreschi, tra cui quelli di S. Domenico e di S. Caterina. Le decorazioni delle pareti e della volta raffigurano i vari misteri del Rosario in spazi di fogge diverse dove le immagini assumono molteplici forme, toni e colori quasi a delineare un sapiente ricamo in una grandiosa sinfonia di affreschi e stucchi. Ma è la statua della Madonna a imporsi con tutto il suo fascino e la sua singolare storia. Fu infatti ritrovata nel 1990 in soffitta dal parroco don Pietro Minoretti e sottoposta a restauro ad opera delle Monache Benedettine dell’Isola di S. Giulio. Nobile e sobria, è una figura quasi adolescenziale scolpita in un tronco di legno di pioppo, che suscita sentimenti contrastanti grazie alla strana e felice combinazione tra le fattezze semplici e modeste, quasi popolane, e la sontuosità dell’ampio abito settecentesco. La statua è rifinita con preparazione a gesso e pittura solo nelle parti a vista (volto, collo, mani, piedi); il resto della superficie in legno è ricoperta con una pittura labile di colore neutro. Inoltre le braccia sono snodabili: questo permetteva di far assumere alla statua degli atteggiamenti che variavano a seconda dei tempi liturgici e delle feste. L’abito è realizzato con un tessuto in lampasso broccato in seta policroma risalente alla prima metà del XVIII secolo.

S embra davvero che la chiesa di Cireggio graviti intorno alle tre raffigurazioni della Madonna poste rispettivamente dietro l’altare maggiore e nelle due cappelle principali; diverse e lontane esprimono ora una spiritualità sobria e popolare, ora una gestualità più solenne, ora una vitalità prorompente, ma, quasi in un gioco di specchi, ci consegnano un’unica figura: quella di sempre, della Madre di Dio che non abbandona mai l’uomo, in qualunque modo la si invochi, in qualunque forma la si immagini. Il 15 agosto si celebra la festa patronale dell’Assunta. La statua in legno della Madonna della cappella dell’Immacolata viene portata in processione per i vicoli del paese: è una cerimonia sobria e densa di suggestioni, testimonianza di un culto antico che si rinnova ogni anno attraverso le l’incedere lento e raccolto dei fedeli, le luci delle candele che illuminano le vie, i ceri e i fiori posti lungo il percorso, le voci che si fondono in una preghiera corale.