S
embra solo una rovina. E invece è una memoria viva. Il Castello di Sopramonte, aggrappato a una collina che separa Prato Vecchio da Prato Nuovo, nella bassa Valsesia, è uno di quei luoghi che parlano a chi sa ascoltare. Lo si raggiunge a piedi in pochi minuti, ma l’impressione è quella di entrare in un tempo sospeso. I ruderi, i ciottoli di fiume disposti a spina di pesce, la cisterna circolare scavata nel cuore della pietra… tutto racconta una storia più grande delle sue mura.
T
ra le voci che circolano da secoli, la più struggente è quella della giovane contessa Beatrice, una bambina sopravvissuta, si dice, a una carneficina che sterminò la sua famiglia. Era notte, la torre ardeva, e lei, nascosta dietro le feritoie, vide tutto. Per pietà o per paura, i briganti la risparmiarono. O forse fu il castello stesso, consapevole, a proteggere la sua ultima discendente.
Ma le leggende non si fermano qui. Un nome potente aleggia tra queste pietre: Frà Dolcino, l’eretico dannato che predicava giustizia e libertà nel cuore del Medioevo. C’è chi dice che si sia nascosto proprio tra i ruderi di Sopramonte, sfuggendo per un poco ai roghi e alle lame. Ancora oggi, la torre è detta “Torre Dolcino” – un soprannome che più che un tributo, è un sussurro antico.
C
ostruito tra l’XI e il XII secolo, il castello fu testimone di guerre feroci. Nel 1363, le truppe di Galeazzo Visconti tentarono di radere al suolo l’intero complesso per punire i ribelli asserragliati dentro. Ma la torre non crollò. Come se un segreto, o una volontà, la tenesse in piedi.
Oggi resta solo quella torre. Eppure, basta salire lungo il sentiero, immergersi nei silenzi del bosco e poggiare la mano su quelle pietre per sentire il battito del passato. Grazie alle Giornate FAI, la torre è di nuovo accessibile: visite guidate, racconti, affreschi della chiesetta medievale restituiscono vita a un luogo che sembrava perduto.
Eppure qualcosa resta nascosto. Un testamento del 1283 cita una chiesa “in castro”, ma non se ne conosce l’origine. Alcuni parlano di un tesoro mai ritrovato, forse sepolto nella cisterna. Altri giurano di aver udito, in certe notti, un canto lontano provenire dalle mura.
Forse è solo il vento. O forse il castello custodisce ancora la voce di chi l’ha amato, abitato, o sfidato.
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